March 30, 2016 | 0 |
“Content Marketing” e “storytelling” sono sulla bocca di tutti i marketeer o presunti tali. Cosa normale dato che si tratta di una delle poche forme di digital marketing davvero in grado di non influire negativamente sulla user experience.
E adesso che la user experience è diventato un argomento delicato dato che l’invasività della pubblicità sta portando al collasso la fruizione di contenuti, sono tante le agenzie che stanno virando sul content marketing.
Cosa bisogna aspettarsi da questo tipo di operazioni però è spesso poco specificato ed il rischio di disattendere le aspettative di un cliente è indubbiamente elevato.
Affronteremo il tema delle aspettative con qualche case study specifico. Vogliamo invece focalizzare l’attenzione sui motivi per cui effettuare un operazione di content marketing è difficile e richiede creatività, capacità narrative di primissimo piano, doti grafiche e visuali e tanta perseveranza.
Proprio così, non esiste una regola scritta per cui il content marketing è una forma di dialogo che va bene per qualsiasi tipologia di azienda, marca o servizio.
Può semplicemente darsi che non sussistano sufficienti elementi per creare una storia di valore. Può anche essere che la concorrenza sia troppo ben posizionata per consentire alla storia di propagarsi. Oppure, è possibile che il target sia troppo difficile da raggiungere e non vi siano influencer efficaci.
E’ necessario valutare bene la reale fattibilità di un progetto di content marketing e capire se esistono sufficienti elementi emozionali che possono garantire una diffusione efficace dei messaggi e quindi l’impostazione di obiettivi di business.
Una storia efficace non è quella che più intriga chi la scrive ma è quella che riesce a coinvolgere un target specifico.
Di chi stiamo parlando? Di donne manager che vivono in grandi centri urbani, che hanno tra 35 e 45 anni e frequentano abitualmente centri estetici e palestre? Che adorano leggere libri gialli e che hanno figli?Il rischio di non capire bene chi è il proprio lettore significa rivolgersi alla persona sbagliata e ovviamente questo implica non poterla trasformare in un potenziale consumatore.Estremizzando, è come se volessimo vendere un profumo da donna ad un uomo o un panettone ad un musulmano. Magari la storia è fantastica ma è inadatta a creare engagement con il nostro potenziale consumatore.
Un progetto di content marketing si implementa in un arco di tempo sicuramente lungo. La cosa più sbagliata è quella di non avere una storyboard chiara, di non pianificare con attenzione tutti gli episodi, di non avere una regia.
Prima di tutto ci vuole un idea che possa ramificarsi e, un po’ come in una soap opera, mantenere un filo conduttore che appassioni e sorprenda.
Poi bisogna avere la capacità di variare gli strumenti di comunicazione, dal testo alle foto, dai video alle infografiche, cercando l’engagement in modo spontaneo. Facendo assaggiare un marchio ci cibo, facendo annusare un marchio di un profumo o facendo viaggiare un marchio relativo ad una destinazione turistica. Stimolare i sensi è un processo che richiede grandi doti di scrittura creativa ma anche capacità grafiche e coregrafiche non indifferenti.
Se sei a corto di idee è perché hai sottovalutato la storia e non l’hai pianificata.
Il traffico è l’elemento base, se gli utenti non consultano la storia difficilmente ci sarà engagement e conversioni.
Riguardo al traffico, spesso non si ha un idea precisa o garanzie su quello che si può riuscire a generare in modo organico.
Da questo punto di vista diventa fondamentale pianificare i titoli in ottica SEO, accertarsi di poter posizionare keyword strategiche e quindi attrarre traffico dai motori di ricerca.
Non solo, diventa anche cruciale saper usare i social network come miccia per accendere la scintilla della storia. Produrre anteprime fotografiche accattivanti,su Facebook avere una BIO efficace su Instagram, divulgare un video su Vine o Youtube viralizzandolo e via dicendo.
Lo scopo non è quello di attrarre traffico sporco, 2000 visite possono essere il massimo raggiungibile in modo organico e valere più di 20.000 visite ottenibili con una storia che però non è accattivante.
Le conversioni in lead ed in vendite non arrivano? Dipende dalle aspettative. Non esiste un parametro certo che permette di valutare il ROI di un progetto di questo genere perché tanti sono i benefici su cui si impatta.
Quanto vale una persona che legge la storia, che interagisce, ti segue e che poi decide di lasciarti l’email se non addirittura acquistare e poi diventare un tuo testimonial?
In un progetto di content marketing bisogna assolutamente incrociare più metriche e definire degli obiettivi in un arco temporale non inferiore ad un anno.
L’unicità di quello che fai per affermare un brand tramite lo storytelling non solo produrrà certamente delle conversioni ma avrà una coda lunga che porterà il consumatore a diventare “loyal”.
Se c’è il traffico e l’engagement, se l’audience è giusta e reagisce alla tua storia, arriveranno anche le conversioni ma devi avere la pazienza di aspettarle.
Partire a testa bassa su un progetto di content marketing senza prima aver studiato cosa narra la concorrenza è un grave errore.
Prima di tutto si corre il celeberrimo rischio di commettere qualche forma di plagio involontario. Soprattutto, è importante curare la propria storia, cercando di colpire i lettori con elementi che ci rendano veramente unici rispetto ad un competitor.
Se venisse realizzato un film di orrore con Harry Potter tradirebbe i valori che ispirano i fan del famoso maghetto. Si tratta sempre di Harry Potter ma in un contesto errato per quel brand.
Se invece creiamo un maghetto alternativo nel contesto giusto, difficilmente potremo competere con una storia che ha già avuto un successo formidabile.
Meglio dimenticarsi il maghetto e focalizzare sulle magie!